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Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche sono tre pensatori fondamentali per definire la traiettoria ottocentesca di quelli che Pierre Hadot ha definito “esercizi spirituali” della filosofia: anche per questa ragione, ricordando che il termine greco askesis significava, in generale, “esercizio”, risulta particolarmente interessante considerare in che modo si presenta, nelle loro opere, il tema dell’ascesi, o degli “ideali ascetici”.
Schopenhauer segnalò più volte l’affinità tra il proprio sistema e quello di Buddha e indicò le Upaniṣad come testo utile a comprendere il suo capolavoro, Il mondo come volontà e rappresentazione; più in generale, fece moltissimi riferimenti alle forme religiose dell’ascesi, per mostrare che la sua era la prima filosofia capace di esprimere nei termini astratti della metafisica la verità per cui le religioni avevano dovuto utilizzare “veicoli mitici”. Vedremo qui come dal mutamento della conoscenza – con il conseguente superamento del principium individuationis – possa scaturire un quietivo del volere che conduce fino alla negazione della volontà, punto nel quale secondo il filosofo si ha il passaggio dal piano della virtù a quello dell’ascesi.
In Kierkegaard la prospettiva cambia: il piano filosofico del discorso s’intreccia con l’esigenza, sostenuta dalla fede, di un nuovo esercizio del cristianesimo – oltre la sua riduzione a dottrina da comprendere – passando dall’arresto della ragione di fronte al paradosso dell’Uomo-Dio alla possibile elevazione del singolo nel rapporto con l’Assoluto: prospettiva che comporta il superamento della posizione socratica col riferimento ad un nuovo maestro (Dio nel tempo) e ad un nuovo presupposto (la coscienza del peccato).
Definendo la Terra come la “stella ascetica” per eccellenza, la prospettiva di Nietzsche ribalta quelle di Schopenhauer e Kierkegaard: lo si vede in particolare nella sua critica della morale ascetica e nell’analisi della figura del “prete asceta”. Riconoscendo la straordinaria potenza dell’ideale ascetico nella storia, Nietzsche si interrogò anche sulla possibilità di trovare una “volontà opposta” attraverso cui esprimere un “ideale opposto”; a nostra volta possiamo chiederci se ci sia ancora una tensione d’ascesi in questo eventuale ideale contro-ascetico a cui Nietzsche allude.
La chiave di lettura dell’ascesi si rivela efficace nel fare emergere molti dettagli “sottili” delle diverse diagnosi dei tre filosofi sulla condizione umana e delle loro diverse indicazioni sulle possibili “vie di fuga” dalle forme di cecità associate all’ascesi religiosa (vista ora come loro rimedio, ora come loro possibile causa).