Lo specchio delle virtù

Segni della santità nella rappresentazione artistica

  • Manlio Brusatin

    Docente di Storia e Tecnica della grafica e del disegno - Università di Venezia

  • martedì 27 Febbraio 1996 - 17,30
Centro Studi Religiosi

"Le immagini sono state da sempre la «Bibbia del popolo»: hanno il potere di incitare alla virtù le anime umili e semplici ma attraverso loro anche quelle più difficili. Le scene esemplari spingono all’imitazione e danno corpo a veri incitamenti alle opere di misericordia.
Il culto delle immagini è la migliore espressione di una fede solida ancorata ai propri luoghi e le chiese in questo modo diventano l’unico luogo che può raccogliere e collocare pitture e sculture per propagare la fede e amministrare i sacramenti. Ancora nelle immagini si onora Dio, di per sé non rappresentabile, e i suoi servitori che con le immagini delle loro figure sono premiati per la loro vita santa e assimilati alle virtù divine con i loro poteri taumaturgici.
Le immagini narrano le circostanze e le azioni della vita di Cristo e dei suoi miracoli, perciò sono la testimonianza della vittoria cristiana sulla falsità e idolatria delle religioni pagane. Infatti era il demonio che aveva animato gli idoli e aveva dato voce agli oracoli, e ora attraverso il protestantesimo faceva la guerra alle immagini senza sapere che queste restano visibilmente i trofei viventi dei martiri e dei santi.
Ecco le argomentazioni alquanto più stringenti e in contrasto con l’iconoclastismo serpeggiante del protestantesimo per la costruzione di una «pittura spirituale» attraverso le immagini sacre, con le convinzioni di Louis Richeome, tra il XVI e XVII secolo. Infatti l’adesione alla produzione di immagini piuttosto che ai divieti riformistici ispirarono una fioritura audacemente visiva e sollecitante di Maddalene penitenti, Giuditte, caste Susanne, Caritates romanae, Vitae humanae, Tre Marie, adultere, sante Caterine… scambiate in una iconografia abbagliante e suggestiva davanti a una popolazione di devoti in preghiera che alimentavano ogni atto di fede con atti di immaginazione visiva.
Accanto a ciò stanno quelle infinite gallerie di ritratti «di antenati» che ha prodotto la religione famigliare e una tassonomia di affetti e rimpianti che per ordine genealogico mette un volto accanto a un‘impresa (il sigillo e il progetto di una vita, di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente), per opera dei discendenti i quali devono custodire un patrimonio così tenacemente agognato, raggiunto e trasmesso.
Queste sante e demoniache gallerie di ritratti tra Sei-Settecento, erano eseguite anche da morti, con la sollecitudine dei vivi per la pace dei morti, spesso davanti al feretro. I ritratti rappresentano intere categorie sociali anche nelle gallerie che un’istituzione assistenziale assegna al ricordo dei propri benefattori e che gli stessi esigono per legare lasciti e donazioni. In realtà stilare un testamento all’interno della religione delle immagini diventa il loro discorso spirituale."
(da Manlio Brusatin, Storia delle immagini, Torino, Einaudi, 1995, pagg. 66-67)*

Riferimenti Bibliografici


- Manlio Brusatin, Storia delle immagini, Torino, 1989 e 1995;*
- Id., Il muro della peste. Spazio della pietà e governo del lazzaretto, Milano, 1981;
- Id., Arte della meraviglia, Torino, 1986;*
- Gabriele Paleotti, Discorso intorno alle immagini sacre e profane, Bologna, 1582, ora in Trattati d'arte del Cinquecento fra Manierismo e Controriforma, Bari, 1961, vol. II, pp. 115-517;
- Carlo Bartolomeo Piazza, L'iride sagra spiegata ne i colori de gli abiti ecclesiastici, Roma, 1682;
- Ezio Raimondi, Il colore eloquente. Letteratura e arte barocca, Bologna, 1995;*
- Marc Fumaroli, La scuola del silenzio. Il senso delle immagini nel XVII secolo, Milano, 1995;*
- Lea Ritter Santini, Ritratti con le parole, Bologna, 1994.

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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