Marx nel XXI secolo

L’individuo isolato nell’epoca della connessione globale

  • martedì 29 Maggio 2018 - ore 17.30
Scuola Alti Studi

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Marx fa riferimento all’immagine di zoon politikon (l’uomo come animale sociale) in tre luoghi: nell’Introduzione del 1857, nelle Forme che precedono la produzione capitalistica e nel I Libro de Il Capitale. Nel primo testo l’immagine dell’uomo come «animale sociale» è direttamente contrapposta al «singolo e isolato cacciatore e pescatore» con cui Adam Smith fa iniziare la storia dei rapporti economici. Secondo Marx, quella di Adam Smith (e di David Ricardo) non è altro che una «robinsonata», ovvero una trasfigurazione della storia di Robinson Crusoe, l’utopia dell’uomo isolato, nell’uomo economico primitivo, il quale appare dotato di tutte le caratteristiche dell’individuo borghese moderno. «Agli occhi dei profeti del XVIII secolo – scrive Marx – sulle cui spalle poggiano ancora interamente Smith e Ricardo, questo individuo del XVIII secolo – che è il prodotto, da un lato, della dissoluzione delle forme sociali, dall’altro, delle nuove forze produttive sviluppatesi a partire dal XVI secolo – è presente come un ideale la cui esistenza sarebbe appartenuta al passato. Non come un risultato storico, ma come il punto di partenza della storia. Giacché come individuo conforme a natura, esso non è originato storicamente, ma è posto dalla natura stessa». Si tratta di un passo ben noto. L’uomo economico primitivo, in quanto immaginato come un individuo isolato, sciolto dai vincoli sociali, non esprime altro che l’utopia di un mondo dove i rapporti degli uomini con le cose sono prioritari e determinanti rispetto ai rapporti degli uomini con altri uomini. Anzi sono costitutivi della stessa storia umana.

Utopia era un’isola. Anche quella dove naufragò Robinson Crusoe lo era. Tra la prima fatta di 54 città e la seconda abitata prima da un uomo solo, poi da due, l’uno schiavo dell’altro, c’è l’avvenuto passaggio verso l’affermazione di un’individualità che si è formata nel rapporto con le cose come mezzo di dominio sull’altro.

Alla visione dell’uomo economico primitivo Marx contrappone l’immagine aristotelica dell’uomo come «animale sociale»: «l’epoca che genera questo modo di vedere, il modo di vedere dell’individuo isolato, è proprio l’epoca dei rapporti sociali finora più sviluppati. L’uomo è nel senso più letterale uno zoon politikon, non soltanto un animale sociale, ma un animale che solamente nella società può isolarsi». Robinson, l’individuo isolato, rientra così in città, in quei rapporti sociali da cui era provenuto prima di naufragare nell’isola. L’aristotelico uomo come «animale sociale» e l’hobbesiano Robinson nell’isola giocano un ambiguo rapporto di reciprocità: è come se l’uno fosse una sorta di distopia dell’altro. Il ruolo utopico dell’uomo come «animale sociale» è quello di opporsi alla riduzione dei rapporti umani al dominio sulle cose e sugli uomini. Il ruolo utopico di Robinson è quello di opporsi a ogni vincolo sociale che impedisca il libero estrinsecarsi dell’attività strumentale e utilitaria.

Marx dà un senso estensivo alla nozione aristotelica di uomo come «animale sociale». La socialità che l’uomo possiede per natura non è determinata dalla città, ma dalla facoltà cooperativa che precede l’organizzazione cittadina. L’aristotelico uomo come «animale sociale» si oppone, in Marx, alla riduzione dei rapporti sociali ai rapporti economici, ciò che è poi il frutto della separazione della sfera dell’economico dal resto delle azioni e delle relazioni sociali. Il motivo utopico consiste proprio nell’ambiguo confine fra l’irrealizzabilità e l’attuabilità di un siffatto uomo aristotelico trasformato da Marx.

 

(da A.M. Iacono, Storia verità e finzione, Roma, Manifestolibri, 2006, pp. 178-180)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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