Nirvana

L’uscita dal ciclo delle rinascite nelle tradizioni buddhiste

  • Bruno Lo Turco

    Professore di Filosofie, religioni e storia dell’India e dell’Asia centrale – Università di Roma “La Sapienza”

  • martedì 17 Novembre 2020 - ore 17.30
Centro Studi Religiosi

Video integrale

Il canone delinea quattro livelli di perfezionamento lungo la via. Colui che abbia conseguito uno qualsiasi di questi gradi, detti “frutti della vita ascetica”, è definito ariyapuggala, “nobile soggetto”. I tipi di “nobile soggetto” sono quattro: sotapanna, “entrato nella corrente (che conduce al nirvana)”; sakadagamin, “colui che torna (a rinascere) una sola volta”; anagamin, “colui che non torna (a rinascere)”, arahant, “meritevole”. Il sotapanna è sfuggito per sempre alle rinascite sfavorevoli, negli inferni, come animale, come spettro; ha, infatti, sciolto i primi tre dei dieci legami che legano al samsara:

  1. la credenza in un corpo reale, cioè la credenza che vi sia qualche tipo di relazione tra il proprio sé e il corpo o, meglio, tra il sé e i khandha, il fascio dei processi percettivi (relazione che non può sussistere, poiché il sé non è reale);
  2. il dubbio quanto al sentiero;
  3. l’essere influenzati da pratiche cerimoniali, e cioè la credenza che determinati riti (non buddhisti) possano arrestare il karma sfavorevole accumulato.

Il sakadagamin, poi, non rinascerà nel kamadhatu (il regno del desiderio sensuale) per più di una volta, poiché è riuscito ad attenuare il potere dei due legami successivi:

  1. l’attaccamento sensuale;
  2. la malevolenza.

L’anagamin non rinascerà più nel kamadhatu. Se non dovesse divenire un arahant nel corso della vita, rinascerà nel livello più alto del rupadhatu (il regno della forma). Egli, infatti, ha definitivamente reciso tutti e cinque i legami suddetti e indebolito i cinque legami successivi:

  1. attaccamento alla forma, che è il desiderio di rinascere come divinità nel rupadhatu;
  2. attaccamento all’immateriale, che è il desiderio di rinascere come divinità nell’arupadhatu (il regno immateriale);
  3. orgoglio, ossia il ritenersi uguali, inferiori o superiori agli altri, insomma l’abitudine di confrontarsi;
  4. agitazione, che impedisce il jhana (stato di concentrazione);
  5. ignoranza.

L’arahant ha, poi, definitivamente reciso tutti i legami. Questi è definito da una celebre formula: “Egli comprende che dissolta è la rinascita, compiuta la vita pia, fatto ciò che era da fare; di là dalla condizione presente non v’è altro”. In altre parole, l’arahant è colui che ha ottenuto il nirvana in questa vita e che alla morte entrerà nel nirvana completo, non essendo più soggetto a rinascita.

 

(da B. Lo Turco, Buddhismo, in D. Rossi, a cura di, Fili di seta. Introduzione al pensiero filosofico e religioso dell’Asia, Roma, Ubaldini, 2018, p. 50)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Altre conferenze del ciclo

Torna all'archivio conferenze