Un mondo nuovo

La rivoluzione scientifica dell'età moderna

  • venerdì 12 Ottobre 2012 - 17.30
Centro Culturale

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Tutto comincia ed esplode tra il 1608 e il 1610, quando il cielo che si credeva di conoscere viene distrutto. Quando il cielo contemplato da Omero e Ovidio, da Aristotele e Tolomeo, da Dante e Tommaso d’Aquino, viene definitivamente cancellato. È la storia di un viaggio che si snoda per tutta l’Europa e che inizia a metà del 1608 nei Paesi Bassi con l’invenzione di uno strumento che mostra vicino le cose lontane, e che si conclude a Roma nella primavera del 1611, quando i matematici gesuiti del Collegio Romano riconoscono la fondatezza delle novità telescopiche di Galileo. In mezzo sta la trasformazione di un giocattolo, l’occhiale olandese, di una potenza pari a poco più di tre ingrandimenti, in uno strumento astronomico, con la conseguente scoperta di un nuovo cielo reso noto il 13 marzo 1610 attraverso la stampa di un minuscolo ma potentissimo libro: il Sidereus Nuncius, ovvero avviso sidereo, messaggio e messaggero celeste (visto che nuncius vuol dire sia messaggio che messaggero).
Messa in questo modo, però, la vicenda appare fin troppo semplice, con uno sviluppo tanto lineare che non meriterebbe di perderci tempo. E in effetti, spesso, è stata raccontata proprio in questi termini. Che ci fu sì qualche resistenza iniziale, come del resto è sempre accaduto e accade per ogni novità che si rispetti, ma poca cosa, perché poi tutto andò nel verso giusto e quelle straordinarie scoperte vennero da tutti riconosciute e ammirate.
Le cose, invece, non stanno proprio così. Basta poco, infatti, per offuscare questa apparente limpidezza con tanto di happy end e mandare in frantumi la costruzione dell’intera storia. Per farlo, sarà sufficiente ricordare un dettaglio che spesso viene tralasciato: il 17 maggio 1611 – durante il cosiddetto trionfale viaggio di Galileo a Roma – i cardinali del Sant’Uffizio ordinarono di chiedere a Padova se il suo nome figurasse nel processo a carico del filosofo Cesare Cremonini, professore nella stessa Università dove Galileo aveva insegnato per quasi venti anni, e accusato di negare la tesi dell’immortalità dell’anima. È la prima volta che il nome del matematico viene menzionato dall’Inquisizione romana, e ciò avviene proprio nel momento di massimo successo per le sue scoperte astronomiche. Ben prima dell’inizio della battaglia esegetico-scritturale che condusse al decreto anticopernicano del 5 marzo 1616 emanato dalla Congregazione dell’Indice.
Perché questa richiesta di informazioni? Il soggiorno romano fu davvero un successo, come Galileo si premurò di dire al granduca al momento del suo ritorno? È alla luce (e alla riscoperta) di documenti come questo che lo studio delle novità celesti acquista ben altro spessore. Il loro impatto è più brusco di quanto si pensi, così come assai più dense di significato sono le discussioni e le polemiche che scoppiarono nei giorni seguenti a quel 13 marzo 1610. Ed è da qui, da questa consapevolezza, che nasce il nostro libro. E il suo titolo, il suo essere una storia europea. Anzi, se non avessimo temuto di sovraccaricarlo troppo, lo avremmo intitolato Un altro mondo. Il telescopio di Galileo: una storia europea. Dove mondo non è da intendere come sinonimo di cielo, o di un cielo allargato.
Questo libro ha a che fare con un “altro mondo” perché la scoperta di un nuovo cielo implica per Galileo qualcosa che, da subito, produce un conflitto che va oltre i confini dell’astronomia e della stessa cosmologia. Perché l’impiego del telescopio lo condurrà non solo a una riforma dell’astronomia, ma anche a una nuova filosofia capace di sconvolgere i tradizionali rapporti tra l’uomo e la natura (e, di conseguenza, tra l’uomo e Dio). L’abbandono di ogni visione finalistica e antropocentrica è infatti una delle caratteristiche più genuine della sua filosofia che lo allontana non solo da Copernico ma anche da Kepler. Il 1610 è molto più dell’anno zero dell’astronomia telescopica: è il punto di partenza di una rivoluzione che è insieme cosmologica e antropologica. E il Cinquecento, il lungo Cinquecento europeo, non termina nel 1600, con il rogo di Giordano Bruno, ma nel 1610, con il Sidereus. È con la scoperta telescopica di un nuovo cielo che Galileo rivela un altro mondo.

(da M. Bucciantini, M. Camerota, F. Giudice, Il telescopio di Galileo. Una storia europea, Torino, Einaudi, 2012, pp. XVIII-XX)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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