I grandi miti moderni

I miti, chissà. Forse i miti sono delle preoccupazioni che traversano un’epoca e che ad un certo punto trovano, in un racconto, in un testo teatrale, in un film, la loro appariscente espressione. A chi legge sembra di riconoscere qualcosa di già conosciuto da sempre, qualcosa di semplice nella sua evidenza elementare (il naso di Pinocchio, il patto col diavolo, i mulini a vento, l’uomo artificiale, l’isola…), e anche profondamente attraente e pauroso, come una verità sepolta che risorge e che riguarda ognuno. Quando entra in testa, il pezzettino immaginoso del mito fa come la saponina nell’acqua che, se agitata, fa schiuma, e più la si agita, più la schiuma cresce, come in testa i significati.
Quasi sempre c’è all’origine un testo celebre che battezza il mito, gli dà un nome, una faccia, lo identifica in un personaggio (Frankenstein, il conte Dracula, il dottor Jekyll, don Giovanni, Robinson, Faust, don Chisciotte, Oblomov…); questo nocciolo mitico continua poi a vivere anche al di fuori del libro d’origine, a volte come aggettivo (donchisciottesco, faustiano…), che si può raccontare in due parole riassunto senza che perda la sua potenza magnetica, la sua risonanza in noi; tanto che certi intensi miti non smettono di essere sempre di nuovo riraccontati, con infinite varianti, o di ricomparire sotto nomi nuovi.
Ogni serata di lettura del presente ciclo girerà intorno ad uno di questi acuti sogni ossessivi della nostra epoca cosiddetta moderna, perché se ne possa apprezzare la prima invenzione e seguire le diramazioni., anche a sorpresa.

Ermanno Cavazzoni