Né greci, né barbari

I contributi di Cicerone e di Filone di Alessandria

  • Carlos Lévy

    Professore di Lingua e letteratura latina - Université Paris Sorbonne

  • martedì 11 Giugno 2013 - 17.30
Scuola Alti Studi

Audio integrale

La filosofia morale di Cicerone nasce dalla riflessione sul mos maiorum, il quale presenta nella sua opera due aspetti in teoria contraddittori. Esso partecipa dell’immanenza, perché il movimento che ha condotto Roma verso l’optimus status non è percepito come un processo soprannaturale, ma come la realizzazione, nel microcosmo di una città, dell’ascesa verso la perfezione che caratterizza l’intera natura. Esso è relativo alla trascendenza, poiché questa armonia tra l’uomo e la natura è un caso unico, una sorta di «miracolo romano», e poiché questo optimus status appariva all’Arpinate come un ideale in contraddizione con la realtà della società del suo tempo, dominata da sfrenate ambizioni individuali. È in questa dialettica interna al mos che si deve cercare la spiegazione dell’etica ciceroniana. Il De re publica riproduce, per così dire, esattamente il doppio aspetto del mos maiorum, dal momento che il platonismo serve a fornire uno statuto ontologico alla perfezione di Roma, mentre il naturalismo ellenistico esprime la dinamica che ha condotto Roma all’optimus status. Il De legibus accentua ancora questa sintesi, trasformando la legge naturale in assoluto, attraverso la sua identificazione con le migliori leggi romane. La seconda parte dell’opera filosofica è diversa dalla prima per il fatto che la città perde apparentemente la sua posizione centrale nella riflessione. Ma essa è sempre presente, negli exempla o nelle numerose allusioni, e soprattutto il problema di fondo rimane lo stesso: come conciliare la perfezione e il movimento della storia? A partire da qui, la posizione ciceroniana si caratterizza anzitutto per un doppio rifiuto: rifiuto delle morali ellenistiche, che non concedono spazio alla trascendenza e che pretendono di trovare nei dati originari della natura i germi della perfezione dell’individuo; rifiuto della visione del mondo che Carneade opponeva all’immanentismo stoico e dell’identificazione che lo scolarca stabiliva, a fini dialettici, tra il concetto di natura e quello di violenza.

(da C. Lévy, Cicero Academicus. Recherches sur les Académiques et sur la philosophie cicéronienne, Roma, École Française de Rome, 1992, p. 534)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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