Guidi legge da Edwin Abbott

  • lunedì 14 Aprile 2008 - 21.00
VivaVoce

Un quadrato incontra una  sfera  e "intuisce", con sospetto, dell'esistenza di una terra a tre dimensioni, oscura, inestricabile, esotica.
La realtà del mondo è assorbita nel più singolare delirio della scrittura.
Qui la pagina, il suo spazio, la sua rappresentazione grafica diventa letteralmente il mondo. La pagina del mondo.
L‘ordine delle cose viene descritto con sicurezza attraverso un apparato ottico bidimensionale da insetto o da batterio, che in blocco sposta sulla parallasse la certezza della presenza della terra e delle sue leggi.
Se la follia alchemica della scienza metafisica si adoperava intorno all'idea della quarta dimensione, Abbott ci indica lo straniamento dello spazio euclideo attraverso lo sgomento della seconda dimensione.
Non ci sono uomini in questo mondo. Ci sono linee e piani, punti, intensità, tensioni superficiali.
C'è un puro spazio piano, disumanizzato con acribia e metodo geometrico.
È uno spazio del progetto, della mente.
Una mente, si direbbe, amputata, schiacciata dal rullo compressore di una follia esclusiva. Una mente che, per questa stessa ragione, è in grado di sviluppare l'ottica sapienziale della visione. Visione rotativa, tomografia assiale dello sguardo.
Sta a noi, persone umane, incredibilmente dotate di corpo (già, che cos'è un corpo?!), capire la sospensione metafisica di quel momento topico in cui una sfera, divinamente, "cala" dall'alto per intersecarsi con il piano.
Dobbiamo farlo, però, immaginandoci piatti, come figurine ritagliate nella carta.  Solo così si apre una epifania assoluta della potenza della mente: immaginarsi un mondo che non esiste in questo mondo. Nel mondo di Flatlandia questo mondo non esiste. Siamo noi l'al di là. Siamo noi le "sfere".
È lo stesso problema dell'arte. 
Fare tabula rasa. Letteralmente, in questo caso.
E la magnifica garanzia della sua radicale follia – che trova qui il suo contrario nell'uso apodittico della geometria – consiste alla fine proprio in questo: non c'era nessuna ragione valida per farlo.
Ma per farlo occorre il massimo della ragione.
"Flatlandia", racconto fantastico a più dimensioni, pubblicato anonimamente nel 1882 e scritto  da Edwin A. Abbott.

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