La sfida antropologica dell'educazione

  • Christoph Wulf

    Professore di Scienza dell'educazione - Freie Universität, Berlin

  • da venerdì 15 Ottobre 1999 a giovedì 30 Dicembre 1999 - 17,30
Centro Culturale

Che cos’è l’educazione? Perché non vi sono né società né cultura senza educazione? Perché essa è così necessaria? Perché appartiene alle premesse imprescindibili dell’esistenza umana? E perché ci sono, da un punto di vista storico e di comparazione culturale, differenze così grandi in ciò che si intende per educazione? Queste domande rimandano al legame esistente tra antropologia ed educazione, sono dunque di competenza dell’antropologia pedagogica.

L’educazione è una condizione antropologica di base per l’uomo. Essa ha luogo per il fatto che gli uomini nascono, crescono e muoiono, per il fatto che essi vivono all’interno di rapporti generazionali e che la storia umana si può concepire come un succedersi di rapporti generazionali. Così Schleiermacher, uno dei fondatori dell’ermeneutica nella Berlino del diciannovesimo secolo, ha visto questo rapporto ed ha indicato come domanda fondamentale dell’educazione: “Che cosa vuole fare la generazione più vecchia di quella più giovane?”. Secondo questa concezione l’educazione è legata al rapporto generazionale e alla necessità antropologica che con esso è data, che ha la sua origine nel carattere temporale dell’esistenza umana e nel fatto che l’uomo è un essere generato. L’educazione è costitutiva del rapporto tra la generazione adulta e quella successiva. Ciò comporta che il rapporto educativo è diseguale: è il rapporto del più vecchio con il più giovane. In esso è insita una superiorità di principio del più vecchio ed il desiderio del più giovane di divenire uguale a lui. Questo è un rapporto “affettivo”, nel quale non si tratta solo di trasmettere le “conquiste” della generazione più vecchia a quella successiva, ma nel quale ha luogo una relazione esistenziale tra adulti e bambini o giovani. Sin da Platone si parla, a questo proposito, di “eros pedagogico”. La frase di Agostino “Ama e fa ciò che vuoi” va nella stessa direzione. Anche l’Emilio di Rousseau è un esempio del carattere erotico-esistenziale dell’educazione.

Queste riflessioni si fondano su due premesse, che sono sempre state sottolineate dall’antropologia pedagogica: l’uomo è “homo educandus” ed “homo educabilis”. Il concetto di “homo educandus” rimanda alla necessità antropologica dell’educazione, alla quale sì è appena accennato, mentre il concetto di “homo educabilis” rimanda alla plasmabilità dell’uomo, alla sua perfettibilità.

La necessità antropologica dell’educazione è legata a tre condizioni biologiche dell’uomo.

La prima è la nascita prematura dell’uomo. L’uomo, rispetto ad altri primati, che vengono al mondo già formati dal punto di vista fisiologico, nasce in uno stato embrionale; nell’uomo perciò molti dei primi stadi dello sviluppo hanno luogo al di fuori dell’utero, nel primo anno di vita, così importante per l’ontogenesi; ciò significa che già il bambino piccolo è destinato ad imparare, per poter vivere.

La seconda è il fatto che l’uomo sia dotato di istinti in maniera residuale. Ciò costituisce la premessa al fatto che gli uomini, a differenza degli animali, non sono legati dai loro istinti ad un ambiente tipico della loro specie, ma hanno “mondo” – come ha formulato Max Scheler.

La terza condizione biologica è lo iato tra stimolo e risposta. E’ una conseguenza della dotazione solo residuale di istinti e comporta che gli uomini abbiano la possibilità di reagire agli stimoli in maniere diverse: mentre nell’animale la relazione stimolo-risposta è stabilita geneticamente, l’uomo ha la possibilità di resistere agli stimoli e di dire di no.

Che cosa però si debba intendere con educazione e formazione nei singoli periodi storici, su questo la biologia non fa alcuna affermazione. Essa chiarisce solamente la necessità universale dell’educazione e della formazione. Per diventare adatti alla vita, gli uomini devono essere educati. Per essere educati essi devono essere educabili. “Homo educandus” e “homo educabilis” sono due aspetti della perfettibilità dell’uomo.

Riferimenti Bibliografici

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- Dressel G. (hrsg.), Historische Anthropologie, Wien, Böhlau, 1996;
­- Gehlen A., L'uomo: la sua natura e il suo posto nel mondo, Milano, Feltrinelli, 1983;*
­- Kant I., Antropologia pragmatica, Bari-Roma, Laterza, 1969;*
­- Plessner H., Conditio humana, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1983;*
­- Scheler M., La posizione dell'uomo nel cosmo e altri saggi, Milano, Fabbri, 1970;*
­- von Humboldt W., La diversità delle lingue, Roma-Bari, Laterza, 1991;*
­- Wulf Ch., Kamper D., Gumbrecht H.U. (hrsg), Ethik der Astetik, Berlin, Akademie Verlag, 1994;*
­- Wulf Ch., Zirfas J. (hrsg.), Theorien und Konzepte der pädagogischen Anthropologie, Donauwörth, Ludwig Auer, 1994;
­- Wulf Ch. (hrsg.), Vom Menschen, Weinheim, Beltz, 1997.*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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