Le vie della felicità tra Oriente e Occidente

  • Raimon Panikkar

    è professore emerito presso l'Università della California di Santa Barbara ed è il fondatore del Centro studi Vivarium di Barcellona.

Festival Filosofia

La felicità è un’invariante che appartiene alla natura umana, come la fame o la sete, ma non è un universale culturale. La “confusione” tra le invarianti umane e le differenti interpretazioni culturali che di esse sono state date, è una causa dei disagi, dei mali e delle ingiustizie del mondo contemporaneo. E’ per questo motivo che l’attenzione di Raimon Panikkar, discutendo del rapporto tra Oriente e Occidente, si è concentrata sul “tra”. Lo stesso “tra” che è presente in: "il regno di Dio è tra di voi". Chi non vive questo “tra di voi” dove è il regno di Dio non può capire l'interiorità delle Upanisad perché è in questo “tra” – momentaneo, dinamico, continuamente rinnovantesi – che risiede la felicità. Una felicità dunque non assimilabile a una sorta di “capitale finanziario” che consenta di trarne rendite per avere accumulato meriti. Non si tratta nemmeno di una felicità ricreata in ogni istante, poiché al massimo può essere una nostalgia, un ricordo o un'astrazione. Inoltre, se viviamo il “tra” come un momento passeggero, allora manchiamo della possibilità di scoprire la profondità dell'essere umano, limitandoci alla volontà di prolungare meccanicamente un momento che per sua natura non può essere trattenuto, non può essere compreso e razionalizzato: la felicità, come ogni cosa ultima – dolore, gioia, esistenza, morte – è incomprensibile. Panikkar distingue dunque tra piacere, felicità e gioia: il piacere è dei sensi, del corpo, della materialità; la felicità è dell'anima e la gioia è dello spirito, e tra di essi deve esserci armonia o inter-indipendenza. L'interindipendenza è quella forma di visione e di intuizione che si rende conto dell'unicità di ogni essere e del fatto che ogni essere ha anche il diritto di essere indipendente, o meglio interindipendente, perché la vita è libertà. Questa esperienza della felicità è dunque autentica quando non ci si chiude in se stessi, ma si tendono le mani aperte e si accetta di “contaminarsi” per comunicare l'amore per la vita all’altro: in questa esperienza, il “tra” è un “tra” transitivo e intransitivo, è un “tra” che vince il tempo e lo spazio.

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