L'umanità dei non-umani

  • Bruno Latour

    Docente di Sociologia dell'innovazione - Ecole des Mines, Parigi

Festival Filosofia

Una sorta di "ipocrisia moderna" porta a respingere fuori dalla filosofia, dalla cultura e dall'umanità i "non umani", mentre questi ultimi vengono in maniera considerevole massimizzati dalle nostre società. Per superare questo paradosso occorre, secondo Bruno Latour, mettere in evidenza come sia la stessa storia fisica e mentale degli umani ad essere legata a quella dei non umani.
Se ci si confronta ad esempio con le società di babbuini, esse si differenziano da quelle umane solo per le tipologie di risorse pratiche che possiedono, risorse grazie alle quali gli attori sociali in generale sono in grado di imporre la loro concezione della società e orientare gli altri, al fine di costruire maggiore stabilità sociale. I babbuini, avendo solo i loro corpi come risorse e non disponendo di mezzi, non sono in grado di semplificare le questioni e le relazioni sociali. In questo senso essi danno origine ad una società complessa, che può raggiungere solo un grado limitato di stabilità sociale.
Una società più stabile si determina allorquando vengono utilizzate risorse addizionali, materiali e simboliche, in senso largo "risorse extrasomatiche", che consentono di semplificare le relazioni e con ciò di passare dalla complessità alla complicazione sociale. In questa direzione, le società di cacciatori e raccoglitori, quindi quelle agricole e infine quelle industriali sono in grado di produrre, in parallelo ad un maggiore utilizzo dei simboli, dei materiali e dei mezzi tecnici, una progressiva diminuzione della complessità e un progressivo accrescersi della complicazione e del grado di performazione della società.
Sulla base di queste considerazioni, Bruno Latour ritiene necessario pensare, di contro ad una ecologia che tratta l'ambiente come qualcosa di fragile da proteggere dal non-umano, una filosofia politica che abbandoni l'idea di un umanesimo distaccato dall'insieme dei non umani. Non sappiamo infatti chi compone il nostro collettivo, quale è il numero di esseri che comprende: "ricercatori e consumatori, chi decide e gli ecosistemi, prioni, laboratori, mucche, vitelli, maiali e covate" possono tutti essere chiamati a farne parte. In questo senso non è nemmeno possibile conservare l'antica divisione tra l'organizzazione della scienza, da un parte, che studia i fatti e ricerca leggi non umane, e il mondo politico e sociale, dall'altra, che si occupa dei valori e di come vivono gli uomini, ma occorre pensare una relazione più articolata e intrecciata fra i due ambiti.

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