Spazio sacro e fondazione della città nella religione romana

  • martedì 13 Novembre 2018 - ore 17.30
Centro Studi Religiosi

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Per prima cosa Romolo fece venire dall’Etruria alcuni àuguri, esperti nelle norme e nei testi, perché gli spiegassero che cosa era necessario fare: «Scavò dunque una fossa di forma circolare nel luogo in cui sta ora il comitium, in cui furono deposte le offerte iniziali (aparchái) di tutto ciò che è bello (kalós) secondo i costumi (nómos) e di tutto ciò che è necessario (anankáios) secondo la natura (phúsis). Poi ciascuno gettò nella fossa una porzione (móira) della terra da cui proveniva, dopo di che le mescolarono. Chiamano questa fossa con lo stesso nome che danno al cielo (Ólumpos), cioè mundus. In seguito, prendendo questa fossa come centro tracciarono in cerchio il perimetro della città. Il fondatore attaccò al suo aratro un vomere di bronzo, vi aggiogò un toro e una vacca, ed egli stesso li conduceva, tracciando un solco profondo secondo la linea dei termini. Era compito di quelli che lo seguivano spostare all’interno rispetto al solco [cioè all’interno del cerchio] le zolle che l’aratro sollevava e badare che nessuna restasse all’esterno di esso. Con questa linea definiscono il perimetro del muro, e la parte (hóion) che sta dietro o dopo il muro viene chiamata per sincope pomoerium». (…)

Dunque per prima cosa il Romolo di Plutarco, istruito dagli àuguri etruschi, scava una fossa (bóthros) la quale è destinata a costituire il centro della fondazione. Inutile dire che questa fossa è caricata di grande significato. In essa vengono infatti gettati sia prodotti della cultura («tutto ciò che è bello secondo i costumi»), sia prodotti della natura («ciò che è necessario secondo la natura»), a significare la creazione di una nuova vita, di una nuova civiltà che sta sorgendo. Inoltre in questa fossa vengono gettate anche zolle tratte dalle rispettive terre d’origine di coloro che si sono uniti a Romolo. Se la sequenza delle azioni rituali ha un significato, non può essere casuale il fatto che «ciò che è bello secondo i costumi» venga depositato sul fondo della fossa per primo: seguìto dai prodotti resi necessari dalla natura e dalle varie porzioni di terra. Il linguaggio simbolico è chiaro, a fondamento della città sta ciò che manifesta le “belle” regole del vivere comune. Quanto al getto nella fossa delle singole porzioni di terra, si tratta di una scelta dal fortissimo valore simbolico: creare la propria terra, costruirla, è quasi un atto di carattere cosmogonico, che va ben al di là delle pratiche usuali di fondazione. Cominciamo a cogliere chiaramente una cifra – fondare la Città è, per i Romani, l’equivalente di dare inizio al mondo – che si farà sempre più visibile nelle riflessioni che seguiranno. In particolare, l’atto di rimescolare queste terre venute da lontano rispecchia l’analogo rimescolamento di uomini “sopraggiungenti” di cui abbiamo parlato sopra: accogliendo zolle tratte da altri territori, il suolo laziale diventa “terra di asylum” anche in modo molto concreto.

Come si configura dunque, nella rappresentazione mitica, il suolo della futura città? Uno e insieme molteplice: uno perché le singole zolle vengono poi rimescolate fra loro; molteplice perché, in ogni caso, esso ha le proprie origini in altrettanti “suoli” differenti, a cui le singole porzioni di terra rimandano. Questa rappresentazione della nascita della città, e del suolo su cui è destinata a sorgere, ha un forte significato politico.

 

(da M. Bettini, Dèi e uomini nella città. Antropologia, religione e cultura nella Roma antica, Roma, Carocci 2015, pp. 22-24)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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