• Rinunciare al mondo

    Forme di ascesi e di perfezionamento spirituale nelle tradizioni religiose

Un mondo chiuso

La tradizione teologica e sociale Amish

  • Paolo Naso

    Professore di Scienza politica – Università di Roma “La Sapienza”

  • venerdì 17 Maggio 2024 - ore 17.30
Centro Studi Religiosi

Gli amish, strettamente imparentati con gli anabattisti di Thomas Müntzer e con i Mennoniti di Menno Simons, sin dalla loro origine dettero un’interpretazione letteralistica e radicale della Bibbia che fu vista con sospetto dalla Chiesa luterana e dalle altre «Chiese stabilite» nell’Europa che pure stava faticosamente uscendo dalle guerre di religione. Gli amish, così come i mennoniti e altri rami carismatici e «radicali», istituzionalmente più deboli, del protestantesimo europeo subirono quindi emarginazioni e persecuzioni che spinsero migliaia di persone a cercare una «terra promessa» in cui confessare liberamente la propria fede. L’America era pronta ad accoglierle. I primi nuclei di amish arrivarono come una comunità compatta, molto omogenea sul piano etnico e religioso e rafforzata da intensi legami sociali. Tutta la loro vita e la loro cultura – tradizioni, costumi, teologia – ruotava attorno a una frase dell’apostolo Paolo: «Non adattatevi alla mentalità di questo mondo, ma lasciatevi trasformare da Dio con un completo mutamento della vostra mente» (Romani, 12:2). Gli amish hanno preso alla lettera questo messaggio e, nella loro storia di tre secoli, sono riusciti a restargli integralmente fedeli: emigrando, alzando un muro tra sé e «il mondo», respingendone lusinghe e tentazioni e obbedendo al comandamento di Dio rivolto ad Adamo dopo la «caduta»: «Ti procurerai il pane con il sudore del tuo volto»: Per gli amish delle prime colonie la terra era in comune, così come i pochi arnesi per coltivarla e, biblicamente, «a ciascuno veniva dato secondo i suoi bisogni». Il governo delle comunità richiedeva poche e semplici regole, tutte già scritte nella Bibbia: al vescovo, ai predicatori, ai diaconi e agli «anziani», le vere autorità della comunità, non restava che garantirne il rispetto e l’esecuzione. Oggi come duecento anni fa: il tempo, l’industrializzazione, la secolarizzazione, la cosiddetta modernità hanno inciso poco o nulla sulla lingua – ancora oggi parlano una sorta di tedesco medievale – e sullo stile di vita degli amish.

In senso tecnico gli amish sono dei fondamentalisti perché interpretano la Bibbia in termini letteralistici, rifuggendo da ogni mediazione esegetica o contestualizzazione. Ma il loro è un fondamentalismo mite, vissuto all’interno della comunità e senza pretese di imporre al mondo norme e regole che hanno senso solo a suo interno. Difficile dire, ovviamente, se questa «mitezza» è riconosciuta anche da chi fa parte della comunità: è un fatto che le fuoriuscite sono molto limitate. Evidentemente i fattori di attrazione che spingono alla permanenza al suo interno sono più forti di quelli che invece potrebbero indurre a uscire, una possibilità che pure è data e ovviamente tutelata dalla legge.

Un mondo chiuso? Si, certamente, ma senza ostilità nei confronti degli Englischer. Una teologia «fondamentalista»? Si, ma senza l’aggressività e la violenza della maggior parte dei fondamentalismi. Una comunità al tramonto? Non parrebbe, a giudicare dalla crescita demografica e dai successi economici raggiunti. Piuttosto una comunità semplice, a cui bastano le tradizioni di fede, i doni della natura, gli affetti familiari e i legami comunitari.

(da P. Naso, God Bless America. Le religioni degli americani, Roma, Editori Riuniti, 2002, pp. 156-163)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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