I confini dell'appartenenza

Politica e ideologia dello Stato-Nazione

  • Nicolao Merker

    Professore di Storia della filosofia moderna ? Università di Roma ?La Sapienza?

  • venerdì 12 Dicembre 2003 - 17.30
Centro Culturale

L’idea di nazione, con il peso straordinario che essa ebbe nell’età moderna e con le metamorfosi storiche del suo significato fino alla Carta dell’ONU. La linea “francese” post-1789 della nazione come luogo dei diritti di cittadinanza e la linea “tedesca” della nazione come espressione della stirpe. Necessità di vagliare attentamente i due filoni perché da essi sono venute conseguenze di grande portata.
Complicazioni del processo di nation-building con l’immissione della questione dell’indipendenza nazionale. Nascita, sviluppi e corollari della teoria della nazione etnica (Germania e Francia nell’Ottocento, e un esempio balcanico). Teorie innovative nell’Austria asburgica plurinazionale, dove avviene anche l’apporto dell’austromarxismo con Otto Bauer.
Perché sussumere l’identità etnica (la nazione-ethnos) sotto l’identità politica (o nazione-demos) dei diritti democratici di cittadinanza: ovvero l’istanza di un’idea di nazione che sia mediatrice tra i patrimoni etnici e i valori giuspolitici universali. Dalla crisi storica del principio di territorialità quale cardine dello Stato-nazione a una futura Unione europea plurinazionale.

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“È la nazione una comunità tenuta insieme da vincoli di sangue, o l’appartenenza a essa è mediata da legami culturali? Se a operare sono invece entrambi i fattori, in che modo essi interagiscono e quale, eventualmente, sarà predominante? E se non sono caratteristiche biologiche a segnare l’appartenenza ma valori culturali, è poi vero che si tratta sempre e soltanto di valori specifici di una nazione determinata, tali dunque da escludere radicalmente gli appartenenti ad altri gruppi? Insomma, il connotato di fondo è davvero il monoculturalismo? Oppure esistono valori culturali, di civilizzazione generale, che sono sovraordinati ai singoli monoculturalismi, sì da consentire che culture storicamente nazionali coesistano (e si integrino: ma in quale misura?) in un quadro multiculturale? E quando si parla di monoculturalismo, si intende una qualità eterna, tale da dover sempre riprodurre se stessa fuori da ogni mutare di tempi e luoghi, o si tratta di una configurazione storica, nata per rispondere a sollecitazioni determinate e destinata a cambiare con il cambiamento di que-ste? E infine, se il fenomeno “nazione” è un modo di essere della società civile, che rapporti vi sono con la sfera della politica, e che cosa si intende con il concetto di Stato “nazionale”?

È difficile che queste domande ottengano davvero risposta se non soccorre la memoria storica. Se cioè non si va a interpellare, per un tema di così enorme peso nell’età moderna come quello della nazione, la trama degli antecedenti insieme storici e logici che in esso sono via via confluiti […].

Il primo snodo, certo, è la Rivoluzione francese del 1789. Per due motivi. Perché quell’evento ha conferito all’idea di nazione un’accezione del tutto nuova, e perché il modo in cui l’89 si è ripercosso in altri paesi europei ha dato luogo a mescolamenti, spesso indigesti, con concezioni assai più arcaiche.
La novità francese fu l’idea della nazione come un ambito di universali diritti umani di cittadinanza. Dagli eventi postrivoluzionari nacque invece, soprattutto in Germania, la riduzione della “nazione” alla più ristretta delle sfere immaginabili, cioè all’elemento etnico come connotato decisivo. Ho rivolto molta attenzione a ciò che intorno al tema della nazione accadde nell’Ottocento in Germania. Il motivo sta nelle cose: è infatti lì che, come in una sorta di laboratorio nazional-politico al centro dell’Europa, la componente etnica del principio di nazionalità si è maggiormen-te scontrata con quella universalistica, ed ha prodotto, nello scontro, conseguenze funeste.

Il principio di nazionalità proclamato nell’Ottocento europeo (“ogni nazione uno Stato, ogni Stato una sola nazione”) identificava sostanzialmente la nazione con la stirpe e con il territorio che questa abitava. L’assioma della nazione etnicamente omogenea, già di per sé gravido di discriminazioni, si potenziò con la dottrina dell’omogeneità razziale di essa, con l’imperativo che la discendenza di sangue dovesse essere pura. Nazionalismo etnico e razzismo divennero compagni di strada. Le pulizie etniche, di cui è pieno il Novecento, ne saranno il corollario.

Le due linee – quella francese e quella tedesca, per indicarle schematicamente – hanno una radice comune, cioè la politicizzazione moderna del concetto di nazione, il suo collegamento con lo Stato come apparato giuridico territoriale. Ma salta agli occhi la differenza che c’è tra un concetto della nazione-territorio il quale ritiene che appartenere a una nazione significhi appartenere a una società civile insediata sì in un determinato territorio, epperò con godimento di diritti universali da parte di tutte le componenti di essa senza distinzione di stirpe; e la concezione per cui la nazione-territorio e la titolarità dei diritti devono avere contrassegni etnici, esser riservate a una determinata etnia, razza, discendenza. Quest’ultima dottrina ha trovato la sua sintesi nel binomio “Blut und Boden”, “il sangue e la terra”, enfatizzato, come si sa, dall’ideologia nazista. In Germania (ma pure altrove) quel binomio a-veva però avuto lontane avvisaglie già alla fine del Settecento, e anche lì, non a caso, in contrapposizione alle idee liberal-democratiche del 1789 […].

[La presente esposizione] si limita all’Europa. Per la semplice ragione che qui è nata l’idea di “nazione” come la conosciamo in epoca moderna. In seguito, con la politica coloniale europea, il patrimonio concettuale elaborato intorno al tema “nazione” è stato trasposto nella realtà dei paesi extraeuropei colonizzati. Anche ai processi di decolonizzazione di quei paesi, e ai loro eventi moderni di nation-building, di “costruzione della nazione”, gli studi tuttora applicano, in gran parte, quel tipo di strumenti ermeneutici. Una caratteristica dominante dei processi di nation-building nel mondo ex-coloniale è tra l’altro, oggettivamente, proprio il con-flitto tra l’universalismo dei diritti e i particolarismi etnici.”

(da N. Merker, Il sangue e la terra, Roma, Editori Riuniti, 2001, pp. 9-11)

Riferimenti Bibliografici

- O. Bauer, La questione nazionale, Roma, 1999;* - R. Brubaker, I nazionalismi nell’Europa contemporanea, Roma, 1998;* - W. Connor, Etnonazionalismo, Bari, 1995;* - J.A. Fishman, The rise and fall of the ethnic revival, Berlin-New York, 1985; - E.J. Hobsbawm, Nazioni e nazionalismo dal 1780, Torino, 1991;* - B. Luverà, I confini dell’odio. Il nazionalismo etnico e la nuova destra europea, Roma, 1999.*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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