legge Kaputt di Curzio Malaparte

  • lunedì 04 Aprile 2005 - 21.00
VivaVoce

Un’autobiografia della guerra, ecco cos’è Kaputt. Un romanzo in cui la guerra dice tutto di sé. Ridurre la rappresentazione della guerra agli scontri armati è una finzione, una menzogna, speculare alla menzogna politica nazionalistica che rende possibili quegli scontri, che scatena la guerra e letteralmente la fa.
Così, in queste pagine, non incontriamo soltanto soldati e battaglie, perché durante la guerra tutto è guerra. La guerra è scontro di specie, fra uomini, cavalli, topi, cani, uccelli, mosche; fra macchine inorganiche ed esseri animati. È conflitto verbale ferocemente frivolo alla tavola del governatore nazista della Polonia, è atroce cerimonia mondana al golf club romano frequentato da Galeazzo Ciano. È strage culturale, è massacro etnico, è pogrom nei ghetti ebrei, è vendetta sessuale, abuso sulle donne, chiuse nei bordelli per la truppa, ridotte a spettri, fucilate dopo venti giorni di stupri, è odio generazionale fra l’ufficiale adulto e il partigiano ragazzino, è lotta interiore del Principe della Finlandia neutrale, è distruzione oltre ogni legge da parte di eserciti che bombardano e fucilano civili disarmati.
Scritto dal più scandaloso intellettuale italiano del Novecento, Kaputt è un memoriale romanzesco costruito per squarci, strappi, racconti incastonati dentro altri racconti, dove il senso della vicenda si ricava per montaggio, per accumulo di visioni e non per calcolo di trama. Composto rocambolescamente, fra il 1941 e il 1943, in Ucraina, in Polonia, sul fronte di Smolensk, recuperato avventurosamente dopo la dispersione, stampato nascostamente in una tipografia di Napoli requisita dagli alleati, in scarsità di energia elettrica, inchiostro, carta, colla: Kaputt non è semplicemente un libro sulla guerra, ma un libro di guerra, un libro in guerra: un avvenimento bellico anch’esso, pubblicato ancora prima dello sfondamento di Cassino, e immediatamente diffuso in tutto il mondo. Scrive Malaparte nella prefazione: “Fra i protagonisti di questo libro, la guerra non è che un personaggio secondario… In Kaputt la guerra conta come fatalità… è il paesaggio oggettivo di questo libro”.

Tiziano Scarpa

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