Ritualità quotidiana

La rappresentazione come modello antropologico in Goffman e Turner

  • mercoledì 08 Marzo 2000 - 17,00
Centro Culturale

The Presentation of Self in Everiday Life di Erving Goffman è stato pubblicato nel 1956 e tre anni dopo in una nuova edizione riveduta e ampliata che è quella a disposizione anche del pubblico italiano. Qui Goffman mette a punto la “metafora teatrale”, l’interpretazione “drammaturgica” dei fatti sociali.

Nel 1957 Victor Turner pubblica la sua ricerca tra gli Ndembu della Rodesia del Nord, oggi Zaire, Schism and Continuity in an African Society, in cui, a sua volta, mette a fuoco la sua idea di “dramma sociale”.

I due autori non sono i primi a immaginare la vita come teatro, ma sicuramente sono i primi ad indagare la vita quotidiana come fosse un palcoscenico e a studiare l’interazione sociale come gioco di ruoli e di parti. E, soprattutto, a scendere sul piano delle relazioni in pubblico, degli scambi interrelazionali per individuarne i segmenti rituali per costruire a partire da questi sistemi interpretativi.

Non è solo la “metafora teatrale” a far incrociare le strade dei due ricercatori sociali, in quanto è possibile individuare un intreccio più profondo e più proficuo (dettato comunque e sempre dalla distanza) su tematiche e interessi comuni. Questi vanno dalla relazione tra il mondo interiore e gli aspetti pubblici delle persone e degli individui, gli scambi relazionali tra le persone a seconda dei contesti in cui si trovano, all’uso dei frames e dei “metacommenti sociali”, fino al ruolo dell’esperienza e dell’acquisizione sociale della cultura.

Ma in tutto questo c’è forse un nodo che li unisce e li contrappone in maniera produttiva che possiamo individuare nel rapporto tra le “azioni” di Goffman e le”performances” di Turner: entrambe si presentano come il risultato di processi sociali elaborati individualmente che delineano e configurano le strutture relazionali e comunicative di una ritualità quotidiana. Una ritualità che demolisce strutture preconfezionate e costruisce società nello scambio della parola e dell’azione e nell’armamentario simbolico che gli interpreti continuamente producono.

Ma si tratta di un lavoro che non fonda le sue radici nel terreno certo delle Istituzioni sociali: l’attenzione è posta anche alle incertezze, alle insicurezze, alle difficoltà che l’individuo affronta nel costruire, nell’affermare, nel modificare, il suo sé e di come questa incertezza che si traduce in conflitto verso se stessi e verso gli altri, possa diventare progetto sociale nella costruzione dei rituali che variano o confermano le strutture collettive stesse.
Si tratta di opere e di percorsi di ricerca che non sono né semplicemente diagnostiche, né attente solamente ai momenti forti e celebrativi delle relazioni sociali: ne indagano invece le zone d’ombra, sono interessati ai momenti di elaborazione e di discussione, ai drammi più che ai momenti normativi del vivere associato. E che si offrono come basi per una antropologia del presente che ha l’attenzione di indagare i vari livelli e la molteplicità delle straficazioni che si agitano nel sistema sociale, più attenti alle differenze, agli scarti, ai conflitti che alle uniformità.

Riferimenti Bibliografici


- Goffman E., Il rituale dell’interazione, Bologna, Il Mulino, 1988;*
- Turner V., Dal rito al teatro, Bologna, Il Mulino, 1986.*

Testi di riferimento per la lezione
- Goffman E., Introduzione a Frame analysis, in "aut aut", n. 269, 1995, pp. 17-34;*
- Turner V., Antropologia della performance, in Id., Antropologia della performance, Bologna, Il Mulino, 1993, pp. 145-183.*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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