Corpus Christi

Un modello incerto del corpo in Occidente

  • Hans Belting

    Professore di Scienza dell’arte e Teoria dei media - Universität Karlsruhe

  • venerdì 24 Maggio 2002 - 17,30
Scuola Alti Studi

La disputa sulla corporeità di Cristo venne scatenata dal dubbio che Cristo potesse aver avuto un corpo autentico: se ne avesse avuto veramente uno, secondo la credenza antica, avrebbe potuto essere soltanto un uomo, non un dio. Viceversa, se fosse stato effettivamente un dio, non avrebbe potuto possedere un corpo come gli uomini, ma tutt’al più un corpo apparente, come quello che usavano gli dei quando desideravano mescolarsi tra gli uomini. Se non possedeva però nessun corpo autentico, allora neppure la sua morte poteva considerarsi autentica e il sacrificio sulla croce veniva a perdere ogni valore. Già allora la definizione di corpo si saldava con quella della morte in un rapporto che, ancora oggi, pur privo di dimensione teologica, determina i dibattiti. In questo senso, la dottrina della doppia natura, come si sa, risultava indigesta, poiché voleva significare che in un unico corpo avevano vissuto due nature, quella umana e quella divina. Entrambe partecipavano intimamente l’una dell’altra, di modo che essendo la natura divina connaturata al corpo umano, la natura umana aveva continuato questa coesistenza anche dopo la morte corporea ed era risorta assieme a quella divina. (…)
La domanda sul corpo di Cristo è sempre stata tangente alla questione dell’immagine, perché nelle immagini si decideva se presentare questo corpo alla vista e soprattutto se poteva essere rappresentato in modo che si distinguesse da altri corpi. Così la storia dell’arte figurativa europea, per molto tempo centrata sulle figure di Gesù e della sua madre umana Maria, è stata anche una storia di tracce del corpo e del suo ancoraggio nel concetto di persona. In altre parole, non si poteva avere un’idea di Gesù senza farsi un’idea del suo corpo. Entravano così in gioco anche i teologi, che, quando volevano farsi capire, parlavano per figure. Le loro figure linguistiche e le produzioni degli artisti rinviavano inevitabilmente le une alle altre, tanto che opere figurative venivano a possedere evidenza teologica e testi teologici si trovavano a confermare opere figurative. Le immagini possono certamente acquisire valore di argomento in un altro medium, ma in questo caso si trattava di uno stato di cose così complesso da potersi afferrare soltanto con le immagini: le immagini di un corpo che era, nello stesso tempo, più e altro da un corpo.

La lezione del Prof. Belting sarà tenuta in lingua italiana

Riferimenti Bibliografici


– H. Belting, Il culto delle immagini, Roma 2001*;
– H. Belting, Menschenbild und Körperbild, Münster 2000*;
– Danto, The Body/Body Problem, Berkeley 1999;
– H.L. Kessler e G. Wolf (a cura di), The Holy Face and the Paradox of Representation, Bologna 1998.

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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