Fra Arabi e Greci

Il ritorno dei filosofi in Occidente

  • venerdì 14 Giugno 2002 - 17,30
Scuola Alti Studi

Con la morte di Anicio Manlio Severino Boezio scompare dal panorama culturale e sociale dell’Occidente latino il filosofo come figura socialmente riconosciuta ed identificabile (anche dal punto di vista della sua rappresentazione iconografica). Nella grande enciclopedia di Isidoro di Siviglia, che trasmette al Medioevo un riassunto di tutti gli aspetti della cultura antica, i filosofi sono ormai personaggi del passato, quasi come gli attori di teatro o gli atleti di Olimpia. Nei secoli VII-XII permane un patrimonio, in verità assai ridotto, di testi filosofici cui si attinge in campi di rilievo e peso diverso, dal commento ai classici latini all’elaborazione teologica, ma nessuno pensa con questo di star facendo filosofia.
Con il XII secolo, però, una quantità impressionante di testi scientifici e filosofici, greci ed arabi, vengono resi disponibili ai chierici dell’Occidente latino (che, geograficamente, socialmente e culturalmente è ora assai diverso da quello di Boezio). La percezione della propria inferiorità culturale diviene, in alcuni ambienti, nettissima, e con essa nasce la consapevolezza che in alcuni luoghi “diversi” (Egitto, India, Persia) i filosofi non sono scomparsi. Gli Arabi, soprattutto, incarnano e rendono non più remoto e “archeologico” questo personaggio e le sue caratteristiche. Fare filosofia si presenta allora insieme come una pratica intellettuale ed una forma di vita che distinguono chi le esercita dalle altre figure e dalle altre occupazioni: l’uso metodico della ragione e delle sue tecniche per produrre una spiegazione coerente del mondo, la dedizione ad una ascesi intellettuale che conduce alla vera felicità. Questo modello eserciterà un fascino profondo su alcuni gruppi di intellettuali che ad esso si richiameranno e con esso si identificheranno e, rimodellando alla sua luce la propria attività e le proprie specificità, presenteranno se stessi come “filosofi”. Verso la metà del XIII secolo ha luogo un fatto che segnerà profondamente tutta la storia dell’Europa: una selezione delle opere filosofiche tradotte nei decenni precedenti (essenzialmente Aristotele, Avicenna ed Averroè) diventerà programma di insegnamento di una struttura anch’essa nuova, peculiare dell’Occidente latino: l’Università. Filosofo e professore di filosofia tenderanno ad identificarsi. I filosofi acquisteranno così una stabilità istituzionale ed un ruolo sociale che sarà tipico della società europea nei secoli a venire.

Riferimenti Bibliografici


– P. Brown, Potere e cristianesimo nella tarda antichità, Roma-Bari 1995*;
– D. Gutas, Pensiero greco e filosofia araba, Torino 2002*;
– P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino 1988*;
– P. Zanker, La maschera di Socrate, Torino 1997*.

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

Altre conferenze del ciclo

Torna all'archivio conferenze