Georges de la Tour

Le lacrime di san Pietro e il lume "oscuro" della penitenza

  • Irving Lavin

    Professore di Storia dell'arte - Institute for Advanced Study, Princeton

  • da giovedì 06 Aprile 2000 a venerdì 19 Maggio 2000 - 17,30
Scuola Alti Studi

La questione del pentimento è legata alla possibilità di essere redenti dagli abissi profondi della depravazione. In gran parte della storia dell’arte moderna l’interesse per questo tema non verte su di una parabola frutto di invenzione, bensì su episodi della vita di due dei più notevoli reprobi del Nuovo Testamento: uno macchiatosi di peccati della carne, Maria Maddalena, e l’altro di peccati della parola, san Pietro. Mostrati isolati e in uno stato di contrizione assoluta, le raffigurazioni dei due santi, in coppia o separatamente, erano tra i motivi più comuni e di maggior significato emotivo dell’iconografia della Controriforma.
Il caso di san
Pietro era tuttavia particolarmente mordace, in parte per la natura della sua trasgressione (egli aveva tradito la fiducia del Signore della fede: solo Giuda era stato più vile), e in parte per l’apparente paradosso inerente al ruolo che Cristo aveva assegnato a Pietro in quanto suo successore, Principe degli Apostoli, e pietra sulla quale avrebbe costruito la sua chiesa. La questione centrale nel problema del pentimento stava nella soddisfazione che il credente era obbligato ad offrire a Dio in riparazione dei propri peccati, nella speranza di ricevere la grazia della redenzione (..). Nella miriade di immagini moderne di Pietro penitente, la versione di Georges de la Tour, oggi al museo di Cleveland, evidenzia quattro anomalie principali, che non si riscontrano, per quanto sono riuscito a scoprire, in nessuna precedente rappresentazione del tema (..).
Il mio scopo è di considerare il san Pietro penitente di La Tour alla luce di queste innovazioni, che io credo siano correlate l’una con l’altra, e che prese nel loro complesso possono contribuire a spiegare un’altra anomalia del quadro, ossia il significato speciale che con tutta evidenza esso ebbe per l’artista sul piano personale: infatti questa è l’unica opera assolutamente autentica sulla quale egli abbia iscritto il proprio nome e la data, il 1645, sette anni prima della propria morte, avvenuta nel 1652, all’età di cinquantanove anni, durante un’epidemia.

Riferimenti Bibliografici


- J. Baltrusaitis, Aberrazioni. Saggio sulla leggenda delle forme, Milano, 1983;
- G.B. Della Porta, Della fisionomia dell’uomo, a cura di M. Cicognani, Parma, 1988;
- É. Mâle, L’art religieux de la fin du XVI siècle, du XVII siècle et du XVIII siècle. Étude sur l’iconographie après le concile de Trente, Paris, 1972;
- J. Thuillier, Georges de la Tour, Paris, 1992.

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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