Promesse di felicità

Tempo libero e dignità del lavoro nella cultura contemporanea

  • Franco Riva

    Professore di Etica sociale - Università Cattolica di Milano

  • venerdì 21 Gennaio 2011 - 17.30
Centro Studi Religiosi

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Dobbiamo pensare che il tempo libero inauguri sul serio un fare diverso, più personale e rispondente alle proprie inclinazioni? Può darsi, almeno in parte. E tuttavia questo fare diverso del tempo libero cosa diventa, oggi, se non una prosecuzione nobilitata del consumismo? Come si distingue questo tempo libero rispetto al tempo normale e occupato se non per l’invenzione di consumi tipici e diversi? Barca a vela o discoteca, il tempo libero non è davvero liberato perché riproduce il pensiero della produzione e del consumo. Solo, il consumo appare adesso – di nuovo – più nobile perché più personale e rispondente, più libero appunto.
E se anche fosse, se davvero il tempo libero inaugurasse un fare diverso, creativo, personale, come potrebbe convivere all’interno della dissociazione organizzata dei tempi, come potrebbe sopportare questo mettersi a parte della libertà, questo suo stare in una santa nicchia fuori della necessità universale? Quale credibilità potrebbe avere una libertà rintanata in un’isola non inquinata dal peccato sociale dell’obbligo?
Come difendere un’apologia del tempo libero in questo contesto? L’apologia del tempo libero si regge sulla convinzione, falsa, che ci sia uno spazio di purezza per la libertà, un luogo guarda caso incontaminato, un sangue puro democratico. Ma la falsità di questa apologia si smaschera in quello che concede. Ogni elogio dell’ozio ha bisogno di abbandonare il lavoro alla sua logica di dura necessità. Nient’altro che fatica. Dovuta, necessaria, comandata. La difesa del tempo libero corrisponde così, sebbene controvoglia – ma non ne siamo del tutto sicuri -, all’apologia del proprio contrario, del tempo rigidamente necessario. Tanto più necessario nella sua tragica necessità per poter far risaltare il tempo alternativo, buono, libero. La difesa entusiastica del tempo libero è la giustificazione più severa della brutalità necessaria del tempo occupato, perché riproduce la mentalità della spartizione, del mettersi a parte della libertà […].
A ben vedere, l’apologia del tempo libero riprende il motivo aristocratico della libertà come un essere a parte, come una superiorità distaccata, tentando di riproporla entro un contesto democratico. Ma l’idea di quella libertà non è democratica, perché le manca il carattere dell’universalità. È una libertà che non combatte più per la libertà, ma che si rintana nell’élite di un ritaglio di tempo.(da F. Riva, Idoli della felicità. Lavoro, festa e tempo libero, Troina, Città Aperta, 2006, pp. 97-99)*

Riferimenti Bibliografici

- A. Bonomi, Il distretto del piacere, Torino, Bollati Boringhieri, 2000;* - D. De Masi, L'ozio creativo, Roma, Ediesse, 1996;* - A. Gorz, Metamorfosi del lavoro. Critica della ragione economica, Torino, Bollati Boringhieri, 1992;* - Ch. Lasch, La cultura del narcisismo, Milano, Bompiani, 1995;* - D. Mothé, L'utopia del tempo libero, Torino, Bollati Boringhieri, 1998.*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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